Sei lì che hai appena finito di guardare una puntata di “the Newsroom”, ti crogioli nel bel lavoro di Aaron Sorkin e rifletti sull’etica giornalistica, sull’importanza dei fatti e delle opinioni, a patto che siano profonde e ragionate, e non la prima cosa pensata. Perchè è logico che chiunque, ricevendo una notizia, abbia come primo pensiero qualcosa di superficiale: ma un essere senziente, capace di mettere in piedi un ragionamento, si troverà ad oltrepassare opinioni tipo: “eh signora mia, di questi tempi è un rischio uscire” ed andare oltre il livello di pensiero denominato massaia distratta, per poter articolare un’opinione, magari anche basata su fatti ed esperienze. Specie se si tratta di qualcuno che si professa giornalista. E mentre pensi tutto questo, ti imbatti in un “editoriale” di un certo Antonio Spitaleri, che si professa non solo “giornalista” , ma anche “Utopista del giornalismo: crede, follemente, che la realtà vada raccontata. Nonostante tutto.”

E leggendo l’articolo in effetti, ti accorgi di quanta realtà sprizzi dalla sua opinione. A partire dall’esilarante boutade che apre l’editoriale:

“Mamma, stasera esco in centro con gli amici. Non preoccuparti: porto il casco e la mazza da baseball”. Immagino, ironicamente ma non troppo, che a breve i figli di famiglia rassicureranno così i genitori prima di avventurarsi nella jungla del centro catanese.

per passare poi alla per nulla paranoica introduzione al fatto:

Non per fare allarmismo, ma la situazione sta degenerando di settimana in settimana. Siamo arrivati al punto che la domenica si attendono i bollettini di morti e feriti. E purtroppo, puntualissimi, i dati arrivano

Caro Antonio, se non volevi creare allarmismo, beh… non credo tu abbia fatto centro. Sarà per l’immaginetta dell’articolo selezionata da George Romero in persona, o forse per la veemenza con cui denunci le drammatiche condizioni catanesi. Roba che Peshawar a confronto sembra Mirabilandia.

Il resto, potrete tranquillamente vederlo da voi. La cosa che più mi sconforta e fa rabbia, è che una persona che si dichiara giornalista, e “Utopista del giornalismo (che) crede, follemente, che la realtà vada raccontata. Nonostante tutto”, si presti invece ad una mendace operazione di terrorismo psicologico come questa. Con questo non sto negando la degenerazione che sta avvenendo nel centro storico di Catania, tutt’altro: avendo vissuto la città per qualche annetto, posso benissimo notare che l’escalation è reale, ma posso benissimo far notare anche, che le risse, i pestaggi, le liti violente, sono sempre accadute. Io stesso posso dire di averne schivate molte, e di essere stato coinvolto in qualcuna (controvoglia).

Lo Spitaleri invece di fare una profonda riflessione sulla degenerazione catanese, si ferma allo stadio ‘massaia distratta’ inveendo contro gli attori dei fatti di cronaca raccontati come il buon nonno Simpson che sbraita contro le nuvole, per poi continuare invocando l’intervento dei ‘politici’, male assoluto e nemico contro cui scagliarsi per qualsiasi problema:

Se è necessario, perché no, istituite le ronde, chiamate l’esercito o vietate l’alcool. Cari politici, se non vi fosse chiaro: vi paghiamo per questo. Se non è chiedere troppo, dunque, ripulite le nostre strade dal vomito, dalle bottiglie e dai rifiuti umani.

Questo è esattamente ciò che penserebbe chiunque, di primo acchito, non neghiamolo. L’ho pensato pure io (eccetto la parte sui rifiuti umani, ma ci arriviamo dopo). Ma fatto sta immediatamente dopo il mio cervello si è acceso, elaborando le informazioni e stabilendo le giuste connessioni, riportandomi in contatto con la realtà. Elaborando nell’ordine:

1) A cosa servirebbero ronde o eserciti? abbiamo già militari che passeggiano per le strade, ed il loro apporto è stato praticamente nullo. Inoltre, con una presenza concentrata solo nei centri, a cosa servirebbero? E trasformare una città in un presidio di forze dell’ordine o militari, avrebbe solo un impatto negativo.

2) Vietare l’alcool? No dico, ma stiamo scherzando? Il proibizionismo ha ampiamente fallito agli inizi del Novecento, e sappiamo il come ed il perché, e qualcuno vorrebbe riproporlo nel 2014? Perché non prendiamo il problema di petto, invece di spacciare i sintomi per rimedi? Perché non si pone attenzione invece sui perché degli abusi di alcool? O sul sistema che ha portato il centro di Catania a passare dai cafe concerto alle bettole che servono alcool dozzinale a poco prezzo, ovvio richiamo per avventori poco sofisticati?

3) Si ok, ma la politica cosa c’entra? Se parliamo di politica locale, le questioni di ordine pubblico c’entrano poco e nulla, sono campo delle svariate forze dell’ordine che sono schierate per la città, tra cui anche i militari di cui dicevamo prima, che sono GIÀ presenti a Catania (solo nel centro storico, ovviamente). I politici in questo possono solo auspicarsi più controlli, come d’altronde già fanno ampiamente. Se parliamo di politica nazionale, allora è un altro paio di maniche. Ma di certo sarebbe più utile non limitarsi ad un’invettiva sterile al pari dell’evergreen “piove, governo ladro!”, ma piuttosto puntare ad una proposta concreta che però fronteggi l’illegalità in maniera soddisfacente. E cominciare a porsi qualche scomoda domanda sull’effettiva efficienza delle forze dell’ordine.

4) il che ci porta alla domanda: ma te ne sei accorto solo ora? Catania è illegalità. E’ una città devastata, invasa dall’illegalità ad ogni angolo: a partire dai parcheggiatori abusivi che “mischini si ana manciari macari iddi” fino ai veri e propri mafiosi; dal centro storico barocco fino alle periferie più degradate. Ed è un ragionamento totalmente avulso dalla realtà pretendere l’ordine nel centro storico, quando le periferie soffrono. Equivale a nascondere la polvere sotto il tappeto. Sarebbe piuttosto logico pretendere il contrario invece: riabilitare le periferie sarebbe curativo per per il centro, dato che i recenti avvenimenti e quelli ancora precedenti, non sono altro che specchio di un disagio e di un abbruttimento che parte da molto più lontano. Ma no. Allo Spitaleri importa solo che il centro sia pulito: dal vomito, dalle bottiglie, dai rifiuti umani.

5) Ed è sul rifiuti umani che scatta la rabbia. Magari lo Spitaleri credeva di risultare mordace, ma caro Antonio, vorrei porti una considerazione: non è con un linguaggio al limite del turpiloquio futile, che risulterai un giornalista mordace. Così, risulti solo superficiale, classista ed ottuso. Non ti interessa di chi sia la colpa? Ma allora, perché hai già stabilito i colpevoli? Credi forse che gli esser umani siano rifiuti da ripulire, alla stregua di vomito e cocci di bottiglie? Io credo che chi compia un crimine debba essere assolutamente punito, ma anche riabilitato, aiutato a comprendere il suo errore e a far si che impari non solo ad evitarlo, ma prima di tutto anche a rimediare al danno fatto. Ma parlare di persone come se parlassimo di spazzatura che va raccattata e trasportata nelle discariche di uomini che chiamiamo carceri, è un modo molto ottuso di lavarsi la coscienza: se la pensi così, perché non andiamo al passo successivo? Diamo fuoco alle periferie, dove vivono i rifiuti umani, ed otterremo un bel rogo purificatore, che salverà gli onesti abitanti del centro di Catania.

Ovviamente, sei libero di pensarla così, e di sbandierare i tuoi limiti come e dove ti sembri più opportuno. Ma per carità, non spacciarti per ciò che non sei: non sei un “giornalista”, né tanto meno un “Utopista del giornalismo (che) crede, follemente, che la realtà vada raccontata. Nonostante tutto”, perché quello che racconti, non è giornalismo, non è verità, non è utopia. E’ solo una brutta paranoia, raccontata da una persona che non ha né più il contatto con la realtà né più il coraggio per raccontarla.

L’utopia del giornalismo è quella di Will McAvoy, l’immaginario anchorman creato da Sorkin ed impersonato da Jeff Daniels che rimette in discussione se stesso totalmente, abbandonando le comode posizioni neutre e facili che fanno presa immediata sul pubblico ma non spingono alla riflessione. McAvoy decide di mettere in gioco se stesso, pur di raccontare i fatti da un punto di vista etico, informato e ragionato. Ecco, questo è ciò che Sorkin vuole mostrare al pubblico ma soprattutto ai giornalisti: che non basta sembrare un giornalista; non bastano un bel vestito ed una bella posa alla Lilli Gruber dietro ad una scrivania, per risultare professionali. Per risultare professionali, bisogna ESSERE professionali. Ma purtroppo, McAvoy è solo frutto dell’immaginazione. In Italia abbiamo i Sallusti, i Feltri, ed in Sicilia abbiamo gli Spitaleri.